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Carlo Borromeo, il vescovo di Milano diventato Santo

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Scopriamo insieme la figura di San Carlo Borromeo, il vescovo di Milano, personaggio emblematico della storia meneghina del XVI secolo.

Il “Buon Romeo”

Nato il 2 ottobre 1538 presso il castello di Arona, sulle sponde del lago Maggiore, Carlo Borromeo è figlio di Margherita de’ Medici di Marignano e Gilberto II Borromeo.

Terzogenito della coppia, Carlo si fece strada fin dall’infanzia nel mondo religioso. Divenne commendatario di un’abbazia benedettina di Arona a soli 12 anni!

Il santo, che in gioventù usava firmarsi spesso nelle corrispondenze epistolari come “Buon Romeo” (nome primitivo della famiglia paterna), viene descritto da Federico Rossi come un uomo dalla corporatura robusta, alto più di un metro e ottanta.

Brillante studente di diritto civile e canonico a Pavia, Borromeo diventò cardinale a 22 anni. Nel 1558 prese in mano le redini degli affari di famiglia in seguito alla morte del padre.

L’anno successivo il giovane Carlo si laurea in utorque iure, e suo zio materno Giovan Angelo de’ Medici di Marigano viene eletto ufficialmente il 224° papa della Chiesa Cattolica con l’appellativo di Pio IV.

Il pontificato dello zio sarà molto breve a causa di un’infezione alle vie urinarie che lo porterà alla morte nel 1566.

Importante è il lavoro di entrambi presso il concilio di Trento, le cui riforme ebbero un valore decisivo nella formazione religiosa del futuro santo.

Una vita per la Chiesa

Una vita quella di Carlo Borromeo, vescovo di Milano  orientata alla carriera ecclesiastica.

La morte prematura del fratello maggiore Federico portò i Borromeo a temere per l’estinzione della dinastia e ad auspicare di conseguenza un cambio di rotta per il fratello minore. Carlo, però, nonostante le pressioni familiari rimase fedele alla strada intrapresa sin dall’infanzia. Nel dicembre del 1563 viene ufficialmente eletto vescovo dal Cardinale Serbelloni nella celebre Cappella Sistina.

Alla morte dello zio, Carlo Borromeo, precedentemente eletto arcivescovo di Milano nel 1564, prende il controllo della diocesi meneghina, che al tempo si estendeva su terre venete, lombarde, liguri e svizzere.

Questo vasto territorio era ormai in degrado a causa della mancanza di un vescovo residente sul posto da ben ottant’anni. Carlo seppe come conferirgli nuovamente valore impegnandosi in una vera e propria riqualificazione della diocesi.

Dopo aver lasciato la corte pontificia ed essersi recato a Milano, Borromeo decise di cominciare a vivere in ascetica povertà e utilizzare il patrimonio di famiglia per aiutare i bisognosi.

“Ma quest’uomo è di ferro”

Questa è la storica frase che esclamò San Filippo Neri osservando l’instancabile operato di Borromeo a Milano.

Durante gli anni del suo episcopato, che andrà dal 1566 al 1584, l’arcivescovo si dedicherà alla costruzione e al rinnovamento di luoghi sacri. Si ricordano: la chiesa della Purificazione di Maria Vergine in Traffiume, la chiesa di San Fedele a Milano e diversi santuari tra cui quello dell’Addolorata a Rho e del Sacro Monte di Varese.

Altro punto chiave della sua politica d’azione fu la conoscenza capillare del territorio.

Carlo Borromeo, vescovo di Milano si recò fin negli angoli più remoti della diocesi, per predicare gli ideali della riforma tridentina direttamente ad ogni pecora del suo gregge.

Actae Ecclesiae Mediolanensis

Le numerose riforme messe in atto da Carlo, raccolte nei cosiddetti Actae Ecclesiae Mediolanensis, riguardarono principalmente il rinnovamento dei costumi del clero e la sua formazione religiosa.

Queste riforme porteranno nel 1578 alla fondazione dell’ordine degli oblati di S. Ambrogio, congregazione diocesana di preti che sosteneva il vescovo e ogni sua decisione.

Dai metodi a volte eccessivamente rigorosi, Borromeo non esita a ricorrere alla tortura e alla scomunica. Il fatto che usasse spesso le maniere forti nella sua lotta agli eretici e per la difesa della giurisdizione ecclesiastica gli valse numerose critiche.

L’applicazione così rigorosa dei principi della riforma tridentina portò all’insoddisfazione di alcune delle parti in causa, come i governatori spagnoli della dinastia asburgica, alcuni rappresentanti del senato e la classe nobiliare.

In effetti, Borromeo non vedeva di buon occhio le ingerenze statali negli affari ecclesiastici. In particolare cercò di ostacolare il tentativo di Filippo II di introdurre l’Inquisizione spagnola a Milano. Conseguenza di tutto ciò fu l’attentato di cui il santo fu vittima nel 1569, ad opera di alcuni membri dell’ordine degli Umiliati, da lui stesso riformato.

Decisivo fu anche il ruolo che San Carlo ebbe durante la terribile peste che mise in ginocchio Milano tra il 1576 e il 1577. Essa fu rinominata la “peste di San Carlo”.

Si narra che Borromeo, con l’aiuto di una reliquia, abbia supplicato Dio di intercedere affinché il morbo si placasse. Così fu. Carlo morì il 3 novembre del 1584 e fu canonizzato 26 anni dopo da papa Paolo V.

Oggi è possibile rendergli omaggio visitando il Sancarlone, una gigantesca statua che sorge nel centro di Arona. Essa è ispirata alla Statua della Libertà di New York. Inoltre è possibile onorarlo recandosi nei sotterranei del Duomo di Milano, dove sono custodite alcune reliquie del santo.

Chiara Savi

(credit foto: Laici Libertari Anticlericali Forum)

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