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Modi di dire a Milano: 5 espressioni da conoscere per essere dei veri e propri meneghini!

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La verità è un’altra, Milano ha una lingua tutta sua e chi viene da fuori non può fare a meno che conoscerla anche attraverso i Modi di dire a Milano!

5 espressioni che bisogna sapere se si vuole sopravvivere a Milano:

La Cler

In tutta Italia la chiamano saracinesca, ma a Milano, se solo provi a dire la parola saracinesca, puoi sentirti deridere da un commerciante qualsiasi: «Sarà-cinesca, sarà tutto quello che vuoi, ma fuori dalle balle che sto lavorando». A Milano si chiama cler. Come mai? Deriva direttamente dal francesce: eclair, che fu la marca della prima serranda a rotolo arrivata da Parigi all’inizio del 900, neanche a dirlo, proprio a Milano.

Far le robe alla Carlona

Il Giargiana lo sa, perché è il suo modo di lavorare: alla Carlona è un modo che definisce un lavoro fatto ad minchiam. Il nome viene da Carlòn, che per i milanesi è Carlo Magno. Si dice che il fondatore del Sacro Romano Impero fosse una persona che pensava solo alla guerra, parlava male e si vestiva da barbone. E ai milanesi pare che questa sua indole non andasse proprio a genio.

Il Ghisa

In tutta Italia la «ghisa» rappresenta la lega di ferro-carbonio. A Milano, la stessa parola scatena una reazione ben differente. Un milanese esordirebbe: «Lo sapevo, non puoi stare un attimo tranquillo!» e andrebbe a spostare l’auto lasciando un mezzo Negroni sul bancone del bar. A Milano, i “ghisa” sono i vigili urbani, per chi non lo sapesse. In passato avevano in testa una tuba grigia che sembrava proprio un tubo delle stufe, per l’appunto in ghisa, da lì il modo di dire è dilagato a macchia d’olio.

 

Ballabiòtt

Letteralmente significa persona che balla nuda. Però se dovessero dirtelo e provi a obiettare che sei vestito, è una conferma che chi te lo ha detto ha ragione: sei un imbecillone!

La parola deriva da una vicenda del 1796 che vede Napoleone come protagonista. Dopo la sconfitta dell’esercito austriaco, arrivando a Milano, l’imperatore fece collocare in piazza del Duomo un albero della libertà. Si trattava di un palo, sormontato da un berretto frigio rosso, che avrebbe rappresentato il simbolo, appunto, della libertà. Subito al di sotto del palo, tutti i poveretti mezzi nudi si misero a ballare dalla gioia, pensando che la loro miseria fosse finita. E invece no. Del resto, si sa: da sempre, a Milano, a fare gli scemi vestiti male, non si mangia.

A meno che non ci sia la settimana della moda!

 

Far la figura del cioccolataio

Secondo alcuni, far la figura de ciccolatee deriva dal fatto che i cioccolatai, quando lavorano il cioccolato si sporcano tutti. da qui l’immagine del disordine e del caos. Però, secondo altri, la storia è legata a una leggenda settecentesca. All’epoca al sovrano di Sardegna Carlo Felice, erano girate “le balle” vedendo andare in giro per Torino un pasticcere con il suo stesso veicolo di rappresentanza. Si trattava di una carrozza con tiro a sei cavalli. Capito chi era il proprietario, lo costrinse a smettere di usare quel mezzo di trasporto. Ma il pasticcere, che era un uomo pratico e ormai cavalli se ne fregò altamente. A Torino nessuno aprì bocca, ma a Milano, che si sa siamo gente che si farebbe staccare un braccio pur di prendere in giro un Giargiana, il modo di dire era già bello che coniato.

credits: Wikipedia

@Clelia Mumolo

 

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