Un sistema di canali navigabili, con baricentro la città di Milano, la Cerchia dei Navigli ha tutt’oggi un assetto affascinante e intriso di storia.
La Cerchia dei Navigli, conosciuta come Naviglio Interno o Fossa Interna, rappresentava la “cerniera” cittadina milanese che consentiva il funzionamento del sistema nel suo complesso.
Nel 1288 Bonvesin de la Riva scriveva:
«Un fossato di sorprendente bellezza e larghezza circonda questa città da ogni parte. Contiene non una palude o uno stagno putrido, ma l’acqua viva delle fonti, popolata di pesci e di gamberi. Esso corre tra un terrapieno all’interno e un mirabile muro all’esterno, il cui circuito è risultato corrispondere a diecimilacentoquarantuno cubiti. La larghezza del fossato, lungo l’intero circuito intorno è di trentotto cubiti. Al di là del muro del fossato vi sono abitazioni tanto numerose che basterebbero da sole a formare una città».
Il «fossato» con tanta ammirazione descritto dal dotto frate degli Umiliati, altro non era che la Cerchia interna del Naviglio milanese. Almeno così come si presentava negli anni alla fine del XIII secolo.
Cosa sono i Navigli?
I Navigli sono canali creati dall’uomo per l’irrigazione e la navigazione. Esistevano già a quei tempi e la loro origine è incerta. Facevano capo per lo più agli operosi monaci dell’abbazia di Chiaravalle, ma è probabile fossero nati prima del Medioevo. Già in epoca romana dovevano essere stati ricavati canali che portavano le acque nei fossati della città.
Canali, navigabili o da irrigazione e, in genere, opere di regolazione delle acque dovevano essere presenti nel territorio milanese anche in epoca pre-romana. Relativamente lontana quindi da corsi d’acqua naturali, al contrario delle principali città europee, Milano ricorse fin dalle lontane origini alla canalizzazione artificiale. Risolvendo così non pochi dei problemi relativi alla difesa, ai traffici commerciali e all’irrigazione delle campagne.
All’epoca, il Naviglio interno milanese aveva già oltre cento anni. I primi lavori furono cominciati intorno al 1156 da Guglielmo da Guintellino.
Il fossato fatto costruire doveva rispondere ai canoni più esatti dell’arte militare del tempo. Anche se il primo pensiero dell’imperatore Barbarossa, una volta presa Milano, fu di distruggerlo. Nel 1158, l’imperatore aveva espressamente indicato in una clausola dei patti di resa l’interramento dei canali. Quattro anni più tardi, distruggendo Milano distruggeva anche la rete dei canali interni. I milanesi però, una volta allontanatosi il pericolo imperiale ricostruirono immediatamente il Naviglio. Cominciati nel 1167, i lavori durarono molti anni con l’approfondimento e l’allargamento del fossato e l’erezione di porte in pietra e torri, fra le quali famose quelle dell’Imperatore presso la Chiusa della Vettabbia. Torre rifatta poi nel 1338 e distrutta definitivamente nel 1778.
Nato quindi per necessità difensiva. Questo fossato che cingeva la città fu ben presto usato anche per qualche opera d’irrigazione.
La sua terza funzione, di Naviglio vero e proprio, cioè di canale navigabile, fu raggiunta nel 1496, quand’era signore di Milano Ludovico il Moro. Nel 1496, per introdurvi le acque del Naviglio, la rete dei canali interni fu modificata e ampliata. Si è ritenuto per molto tempo che a tali lavori sovrintendesse Leonardo da Vinci, ingegnere e architetto ducale a Milano in quei tempi. Oggi sappiamo che il merito delle novità introdotte “le conche” spetta ad altri.
Dopo tali lavori, il Naviglio cittadino fu diviso in tre bracci. Il primo, lungo l’attuale Via Pontaccio, detto Naviglio morto. Il secondo, dal ponte di San Marco al ponte degli Olocati, che prenderà più tardi, quando gli Spagnoli circonderanno la città coi Bastioni, il nome di Cerchia interna, come era chiamato anche l’intero sistema. Il terzo, infine, dal ponte degli Olocati al Foro Bonaparte, detto Naviglio di San Gerolamo. Tale suddivisione si mantenne sostanzialmente invariata sino a tutto il secolo XIX. Nel complesso la larghezza dei canali variava dagli otto ai dodici metri, con uno sviluppo complessivo in lunghezza di cinque chilometri. Nei bracci del Naviglio morto e della Cerchia interna le acque scendevano verso il ponte degli Olocati, dove si riunivano con quelle del Naviglio di San Gerolamo, che avevano pendenza opposta. Dal ponte degli Olocati, le acque fluivano verso il Tombone di Via Arena.
La Darsena di Porta Ticinese: il porto di Milano!
La Darsena di Porta Ticinese fu per moltissimo tempo il porto di Milano. Qui terminavano i Navigli Grande e Pavese, ed è facile immaginarlo in altre epoche fervido di traffici. Oggi appare come un tranquillo laghetto, un angolo di pace fra il traffico milanese. Le è rimasto però l’aspetto del porto e, pur ferma nelle sue attività, non ha quell’aria di abbandono caratteristica dei Navigli milanesi.
Una protezione stradale per i Navigli milanesi
I canali cittadini rimasero per secoli senza protezione dalle strade. Per cui frequenti erano le cadute in acqua di incauti o ubriachi, specialmente quando le nebbie fasciavano la città. A risolvere il problema fu il governatore Colloredo nel 1725. Il Naviglio ebbe così il suo parapetto, colonnine di sasso unite da sbarre in ferro. I milanesi era contenti finalmente di aver posto rimedio a un secolare inconveniente. Ma non proprio tutti. I proprietari delle case che si affacciavano sui canali, sui quali ricadde la spesa, non si unirono di certo al coro plaudente.
Lo spurgo dei Navigli
Ma il problema più grave della Cerchia dei Navigli fu rappresentato, in molti secoli, dal suo spurgo. Lo testimoniano, fin dall’ottobre 1411, una serie di lettere ducali che stabiliscono in quale misura debbano contribuire alle spese di spurgo i cittadini interessati. Alla fine del secolo XVI, un decreto governativo del 13 aprile 1598, ordinava nuove opere per lo spurgo. Ne caricava le spese sui proprietari delle abitazioni lungo canali e su coloro che possedevano condotti sfocianti nella fossa. In cambio costoro ricevettero il diritto di in mettervi le acque fluviali e quelle luride.
Numerose sono le testimonianze che attribuiscono il fetore emanati dalla Cerchia Interna alla scarsità di acque correnti nel canale e agli abusi degli utenti. Lo spurgo, infatti, avveniva sempre con un intervallo troppo lungo e in modo parziale. Polemiche, istanze, progetti non cessarono nei tempi successivi. Così lo stato dei corsi d’acqua all’interno della città continuò a rappresentare motivo di preoccupazione per la salute pubblica.
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