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Brera a luci rosse: era il centro della prostituzione milanese!

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Le più popolari case chiuse di Milano, Brera a luci rosse. Nelle due stradine parallele via Fiori Chiari e via San Carpoforo si esercitava il lavoro più vecchio del mondo.

Brera è da sempre sinonimo di vivacità: oggi centro nevralgico delle avanguardie artistiche e del design, una volta frizzante quartiere a luci rosse.  Ecco una carrellata dei luoghi e delle curiosità che più hanno caratterizzato l’identità di Brera in un passato nemmeno troppo lontano.

 

La nascita dei bordelli a Milano

La storia dei bordelli di Milano iniziò nel 1859. Camillo Benso, Conte di Cavour aveva indetto una legge che permetteva la nascita di una serie di bordelli direttamente gestiti dallo Stato. La legge prevedeva la cura dell’aspetto sanitario e igienico dei locali, come aveva già fatto precedentemente Napoleone Bonaparte.
All’inizio del Novecento, la situazione delle case chiuse e delle donne che vi lavoravano era sempre più complicata da gestire. Così che si decise che le ragazze avrebbero dovuto sottoporsi a una serie di regolari controlli medici per garantire il loro stato di salute.
A Milano la maggior parte delle case chiuse si trovava nei quartieri più poveri della città. Ma più belle si trovavano nella zona di Brera e si diramavano tra le due stradine parallele: via Fiori Chiari e via San Carpoforo, addirittura con tre bordelli ai numeri 3, 5 e 8.

 

Perché si parla di case chiuse?

Partiamo da via Formentini. Il suggestivo scorcio, meglio conosciuto con il nome di Contrada di Tett. La via infatti, era tutta un pullulare di case di piacere, alle cui finestre si affacciavano le signorine esibendo le grazie. Da ciò il nome della zona. Questo è stato almeno fino all’entrata in vigore della legge Crispi del 1888, che regolamentando alcuni punti sulla prostituzione, imponendo di murare le finestre dei bordelli. Spiegazione al termine case chiuse. Spostiamoci poi in via San Carpoforo, una via stretta in cui non c’è granché da vedere. Un tempo però, se si diceva che si andava in Sancarpofer, era subito chiaro cosa si andava cercando.

 

Di bordelli ce ne erano infatti ben tre. Si distinguevano tra di loro per la diversità di approccio alla clientela.

In uno di questi per esempio, la maitresse aveva vietato alle ragazze di adescare i clienti: dovevano rimanere ferme e attendere che il cliente stesso le approcciasse. In un altro, invece l’adescamento era incoraggiato. Toccava alle signorine rompere il ghiaccio e ognuna lo faceva mostrando i suoi migliori attributi. Il primo casino era prediletto dai più “virili”, il secondo era più adatto ai “ragazzi di primo pelo” o a coloro che necessitavano di incoraggiamento.

 

Fior Ciar 17: il lusso per l’amore

Bisogna terminare il giro in Via Fiori Chiari, fermandosi al civico 17. Proprio qui, sorgeva il bordello più lussuoso di Milano, il mitico Fior Ciar 17. All’interno si trovava una grande scala in stile liberty, da cui facevano la loro entrata in scena le ragazze per la gioia dei ricchi signori della Milano bene. Memorabile la festa nella notte del 19 febbraio 1958. Notte precedente all’entrata in vigore della legge Merlin, che avrebbe messo la parola fine alla prostituzione legale in Italia. Il Fior Ciar, che per l’occasione rimase aperto tutta la notte, ebbe il suo gran finale. La nottata fu affollatissima: falsa fu la speranza che per l’occasione si sarebbe stata qualche prestazione gratis. Alla festa non mancò però una certa nota di malinconia, derivata dall’incertezza di un futuro che per molte ragazze, da lì a poche ore, sarebbe stato tutto da reinventare.

credits: wikipedia

@Clelia Mumolo

 

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